Roma, 13 lug 2010 (CHB) - Sardegna agli ultimi posti in Italia per l'integrazione degli immigrati. Lo attesta il VII rapporto Cnel sugli indici di integrazione degli immigrati in Italia. La nuova analisi ha potenziato l'impostazione tradizionale, che consiste nel misurare il grado di inserimento socio-occupazionale degli immigrati a livello territoriale e nel determinare, su questa base, il potenziale di integrazione di ciascuna regione e provincia italiana. A tale ottica territoriale ne è stata aggiunta una riguardante l'integrazione per collettività. Questa ulteriore analisi è volta ad accertare sia il livello di inserimento lavorativo sia il grado di coinvolgimento nella criminalità, singola ed organizzata, da parte della maggiori collettività di immigrati nel Paese.
Giorgio Alessandrini, presidente Vicario dell'ONC (Organismo Nazionale di Coordinamento delle politiche di integrazione degli stranieri) presso il CNEL, così commenta il Rapporto: "Esso offre ai decisori politici di ogni livello istituzionale la conoscenza delle condizioni, più o meno favorevoli allo sviluppo e al buon esito dei processi di integrazione, nelle diverse Regioni e Province italiane; li sollecita a verifiche e confronti, ad individuare le criticità e a mirare al meglio le nuove azioni. Dalla qualità dell'integrazione dipende un bene prezioso come la coesione sociale del Paese. Il Governo che è inadempiente rispetto alla emanazione del Documento programmatico triennale sull'immigrazione, previsto dalla legge, ha approvato recentemente un "Piano per l'integrazione nella sicurezza", per la cui valutazione sono molto utili gli indici di integrazione contenuti in questo Rapporto. Nel Documento governativo vi sono motivi di apprezzamento come la individuazione di un modello italiano di integrazione interculturale dal forte contenuto personalistico e l'Asse di intervento sulle politiche attive del lavoro, ma anche gravi criticità sia nell'analisi sui fattori dell'immigrazione sia sull'impostazione delle politiche, dalla casa alla scuola alle seconde generazioni".
Il diverso potenziale di integrazione delle regioni e province italiane
Il Cnel, senza avere la pretesa di valutare l'integrazione dei singoli immigrati, ha perfezionato la metodologia per misurare, piuttosto, se le condizioni che favoriscono tale integrazione siano, a livello locale, più o meno soddisfacenti. La differenza tra un territorio e un altro dipende dai diversi valori che assumono sia gli indicatori di inserimento sociale, come la dispersione scolastica, l'accessibilità al mercato immobiliare, l'accesso alla cittadinanza, la criminalità e la capacità di formare una famiglia, sia gli indicatori di inserimento occupazionale, come la capacità di assorbimento di lavoratori stranieri da parte del mercato, l'impiego di manodopera immigrata, il reddito da lavoro, il differenziale retributivo di genere e il tasso di lavoro in proprio. L'indice finale elaborato dal Cnel consente di individuare tanto il contesto locale con il potenziale di integrazione più soddisfacente (graduatoria assoluta), quanto il contesto territoriale che, pur non avendo necessariamente il potenziale più elevato, riesce a realizzare una maggiore equiparazione tra gli immigrati e gli italiani per quel che riguarda l'inserimento socio-lavorativo (graduatoria differenziale), in base al presupposto che in un territorio i processi di integrazione vengono comunque favoriti quando, nei concreti ambiti della vita sociale e occupazionale, non vi siano condizioni di disparità tra italiani e stranieri.
Nella graduatoria assoluta, sintetizzando i singoli indicatori, è l'Emilia Romagna a confermarsi, con un valore di 60,82 (su una scala da 1 a 100), come la regione con il più alto potenziale di integrazione in Italia. Anch'essa, tuttavia, è collocata nella fascia alta e non massima, il che indica che sussiste comunque un ampio margine di possibile miglioramento. In particolare, il contesto emiliano-romagnolo si afferma al primo posto per livello generale di inserimento sociale degli immigrati, insieme alle altre regioni del Nord Est, mentre quanto all'inserimento occupazionale è, nel complesso, solo quinta dopo la Lombardia, la Toscana, il Lazio e il Friuli Venezia Giulia. Al secondo posto nella graduatoria assoluta troviamo il Friuli Venezia Giulia (59,29 punti), seguita dalla Lombardia e dal Lazio (ciascuna con 57 punti), che precedono le altre regioni del Nord Est (Veneto 55,04 punti, Trentino Alto Adige 54,48) e la Toscana (50,42).
Nella fascia intermedia troviamo le altre regioni del Nord Ovest e del Centro, oltre a diverse del Meridione. Nelle ultime posizioni si trovano l'Abruzzo (38,24 punti), la Puglia (37,36) e la Sardegna (32,65 punti). Tra le province il primato spetta a Parma (60,58 punti), anch'essa nella fascia alta e non massima. Si contano ancora, tra le prime 10 posizioni, altre due province dell'Emilia Romagna (Reggio Emilia al 2° posto, Modena al 10°), tre del Friuli Venezia Giulia (Trieste 5°, Gorizia 6° e Pordenone 9°) e quattro province di altrettante differenti regioni (la veneta Vicenza 3°, la toscana Prato 4°, la piemontese Asti 7° e la siciliana Enna 8°).
Nella graduatoria differenziale è invece la Sicilia ad offrire, tra tutte le regioni italiane, le condizioni di inserimento socio-occupazionale più paritarie tra immigrati e italiani, con una differenza di appena -0,06 punti a svantaggio degli stranieri (su una scala che va da una scarto massimo negativo di -1,00 a uno scarto massimo positivo di +1,00 e in cui lo zero indica sostanziale uguaglianza tra immigrati e italiani). Enna, Palermo, Catania e Siracusa sono, in particolare, le province siciliane in cui questa parità di inserimento risulta più affermata, essendo quelle che compaiono tra le prime 10 della graduatoria. Enna, specialmente, è la prima di tutte le province italiane e l'unica ad avere un valore positivo dell'indice (+0,20), a indicare che qui il livello generale di inserimento socio-lavorativo degli stranieri arriva, nel complesso, a essere anche leggermente migliore di quello degli italiani. Dopo la Sicilia, le regioni con il minimo differenziale tra immigrati e italiani sono, nell'ordine, il Piemonte (-0,13), dove è in particolare la provincia di Biella (2a in Italia) a segnalarsi per maggiori condizioni paritarie di inserimento (valore 0,00, cioè assoluta equivalenza tra le due popolazioni); il Molise (-0,14); la Sardegna (-0,15), con Nuoro e Cagliari in maggiore evidenza (3° e 7° posto tra tutte le province italiane); il Trentino Alto Adige; quindi un gruppo di tre regioni (Campania, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta) che condividono lo stesso valore dell'indice (-0,17) e che precedono Lazio (-0,18) e Veneto (-0,20) che completano il gruppo delle regioni con valori di medio livello.
L'Emilia Romagna, che pure guida la graduatoria assoluta con il potenziale di integrazione più elevato tra le regioni italiane, in questo contesto è solo al 12° posto, con un valore differenziale (-0,27) che rivela ancora, al suo interno, una certa disparità nelle condizioni generali di inserimento socio-occupazionale tra immigrati e italiani. Tra le prime 10 province, oltre a quelle già citate, segnaliamo la lombarda Como (5°), la pugliese Taranto (8°) e la friulana Pordenone (10°).
A differenza della graduatoria assoluta, dove le province dei grandi Comuni italiani (quelli con più di 250.000 abitanti) tendono a posizionarsi nelle zone medio-basse (a conferma che la complessità dei contesti metropolitani rende più difficili i processi di integrazione), in questa graduatoria differenziale esse si distribuiscono in maniera più diffusa: tre nella zona alta (Palermo 4° posto, Catania 6°, Roma 11°), tre nella zona medio-alta (Torino 23°, Bologna 27°, Milano 30°), cinque nella zona medio-bassa (Bari 58°, Napoli 60°, Genova 66°, Firenze 68°, Verona 78°) e una, Venezia (98°), in zona bassa.
L'inserimento occupazionale per collettività
La graduatoria di un buon inserimento lavorativo, riferita dal Cnel alle prime venti collettività, è per alcuni aspetti inaspettata. Al primo posto troviamo l'India (171 punti) e non la Romania (161), così come la Moldavia (143) precede l'Albania (141), e l'Ucraina (33) il Marocco (127).
Seguono nella zona intermedia, con i rispettivi punteggi: Cina (125), Filippine (123), Perù (116), Bangladesh (109). La seconda parte della classifica è composta da queste collettività: Serbia (99), Egitto (90), Ghana (89), Tunisia (89), Macedonia (86) e Senegal (86). Gli ultimi quattro posti sono occupati da Sri Lanka (80), Ecuador (76), Pakistan (71) e Nigeria (61).
Partendo dal numero dei residenti, la metodologia seguita è consistita nel basare il confronto su una serie di indicatori occupazionali desunti dall'archivio dell'Inail e così accorpati:
a) Primo indice, con valori assoluti: occupati, nuovi assunti, saldi occupazionali, titolari di impresa
b) Secondo indice, con valori percentuali: variazione annua degli occupati e dei saldi occupazionali, tasso di conversione delle ore lavorate in posizioni a tempo pieno, variazione delle retribuzioni.
Il punteggio di graduatoria, riportato da ogni collettività in ciascun indicatore, viene sommato nell'indice complessivo e ne determina la posizione finale.
Le variazioni annuali ridimensionano il peso dei valori assoluti e così la Romania, l'Albania e il Marocco, anche se rimangono tra le prime sei collettività, sono collocate vicino a gruppi nazionali numericamente più piccoli come la Moldavia, l'Ucraina e l'India; quest'ultima è prima con più di 100 punti di distacco dalla Nigeria, all'ultimo posto.
La graduatoria è stata elaborata dal Cnel sulla base della consistenza e del dinamismo occupazionale delle singole collettività nel 2008. Si tratta, dunque, di uno studio che utilizza valori comparabili e non percezioni soggettive, al fine di fornire indicazioni per nuove prospettive di ricerca e di approfondimento.
È di tutta importanza ricordare che l'inserimento lavorativo è solo uno tra i fattori che compongono il percorso di integrazione, sul quale influiscono anche diverse variabili sociali (ricongiungimento, presenza dei figli, accesso alla cittadinanza e così via) in grado di modificare sensibilmente la graduatoria qui riportata, così come emerge dalla prima sezione, dedicata a un insieme più variegato di indicatori di inserimento.
Il coinvolgimento nella criminalità per collettività
Il Rapporto CNEL prende l'avvio da un prospetto riassuntivo del dibattito sul rapporto immigrazione/criminalità. Il quadro viene completato con l'analisi dei dati più recenti sulle denunce presentate contro cittadini stranieri. Quindi, vengono formulati criteri interpretativi sull'andamento della criminalità rispetto alle più consistenti collettività di immigrati.
Sul piano generale, il Cnel sottolinea che l'aumento degli immigrati non si traduce in un automatico aumento proporzionale delle denunce penali nei loro confronti.
In valori assoluti, il numero di denunce complessivo (riguardanti italiani e stranieri insieme) è stato nel 2005 di 2.579.124, nel 2006 di 2.771.440, nel 2007 di 2.993.146 e nel 2008 di 2.694.811. Di queste, il numero di quante hanno riguardato cittadini stranieri è di 248.291 nel 2005, 275.482 nel 2006, 299.874 nel 2007 e 297.708 nel 2008.
Si osserva dunque che nel periodo 2005-2008, mentre i residenti stranieri sono incrementati del 45,7%, le denunce contro stranieri sono aumentate solo del 19,0%. Se poi si tiene conto che queste denunce non riguardano solo gli stranieri iscritti in anagrafe, ma anche quelli in attesa di registrazione, gli irregolari e quanti sono temporaneamente presenti in Italia per turismo, affari o altro, il parallelismo tra aumento dell'immigrazione e aumento della criminalità viene definitivamente smontato.
Inoltre, con riferimento all'equazione "più immigrazione più criminalità", il Cnel, ipotizzando che il maggior livello di denunce riscontrato nel 2008 rispetto al 2005 (49.417) sia per intero addebitabile agli stranieri registrati nel quadriennio come nuovi residenti (1.220.779), arriva alla conclusione che a carico dei nuovi venuti vi è un denunciato ogni 25 individui (pur senza includere gli irregolari, gli stranieri di passaggio e le altre categorie sopra ricordate), mentre a carico di tutte le persone residenti in Italia (italiani e stranieri insieme) vi è un denunciato ogni 22 individui; viene così a cadere il pregiudizio di una maggiore pericolosità degli stranieri che arrivano nel Paese.
A livello di singole collettività, si possono considerare più virtuose quelle che hanno una quota di denunce penali inferiore alla loro quota sui residenti stranieri. Questo è quanto avviene nel caso della Moldavia: la differenza tra la percentuale delle denunce e quella dei residenti è di 9,6 punti a favore di quest'ultima. Le denunce sono percentualmente inferiori alla quota dei soggiornanti anche per la Romania (-6,5 punti), l'Albania (-4,8 punti) e la Cina Popolare (-1,8 punti).
Vengono, così, a cadere i pregiudizi su diverse collettività in precedenza considerate "canaglie", tra le quali fino a pochi anni fa era singolare il caso degli albanesi, come ora lo è quello dei romeni. Nei confronti di questi ultimi le denunce presentate in Italia nel periodo 2005-2008 sono aumentate del 32,5% (da 31.405 a 47.234), mentre nello stesso arco di tempo la popolazione romena è quasi triplicata (da 297.570 a 796.477), per cui le presenze sono aumentate otto volte più degli addebiti penali. Attualmente, a fronte di un'incidenza del 24,9% che i romeni hanno sui residenti, si riscontra una quota del 13,8% sulle denunce e, pertanto, è fondato parlare di un percorso complessivamente soddisfacente, nonostante gli specifici casi di devianza più o meno gravi attribuibili a singoli romeni o a loro organizzazioni malavitose.
Non mancano, tuttavia, le criticità. Le maggiori collettività africane (Marocco, Senegal, Tunisia, Nigeria ed Egitto) totalizzano il 29,6% delle denunce presentate contro stranieri, contro una quota del 18,7% sui soggiornanti. In particolare, le denunce contro i marocchini sono aumentate del 34,3% (da 29.548 a 41.454), contro una media straniera generale del 19,9%, e incidono per il 13,5% sul totale delle denunce, una percentuale che nel tempo è andata incrementando e che supera di circa 3 punti quella sui residenti (10,4%). Ciò porta a interrogarsi sulle strategie più adeguate di contrasto, tenendo presente che un'opera di prevenzione e recupero non è possibile senza un maggiore coinvolgimento delle forze associative e anche religiose.
Per non incorrere nello sbaglio di leggere allo stesso modo criminalità comune e criminalità organizzata, di questa il Rapporto Cnel cura anche una rassegna per principali collettività, mostrando linee evolutive, settori di intervento, investimenti nei luoghi di origine e anche la persistenza di diversi pregiudizi. Uno di questi, ad esempio, consiste nel ritenere che alla base dell'imprenditoria dei cinesi vi siano i proventi illeciti delle loro organizzazioni criminali, le cosiddette triadi, mentre il più delle volte il vero perno è la solidarietà tra le famiglie, specialmente in occasione dei matrimoni, dove si arriva a mettere a disposizione della nuova coppia anche fino a 200 mila euro. (chartabianca, 12:13)
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ITALIA. Indice CNEL del potenziale di integrazione: graduatoria assoluta e differenziale per regioni (2008) |
||||||
|
Assoluto |
Differenziale |
|||||
|
Regione |
Valore dell'indice |
Fascia d'intensità |
Regione |
Valore dell'indice |
Fascia d'intensità |
|
|
1 |
Emilia R. |
60,82 |
Alta |
Sicilia |
-0,06 |
Media |
|
2 |
Friuli V. G. |
59,29 |
Media |
Piemonte |
-0,13 |
Media |
|
3 |
Lombardia |
57,17 |
Media |
Molise |
-0,14 |
Media |
|
4 |
Lazio |
57,06 |
Media |
Sardegna |
-0,15 |
Media |
|
5 |
Veneto |
55,04 |
Media |
Trentino-Alto Adige |
-0,16 |
Media |
|
6 |
Trentino A. A. |
54,48 |
Media |
Campania |
-0,17 |
Media |
|
7 |
Toscana |
50,42 |
Media |
Friuli-Venezia Giulia |
-0,17 |
Media |
|
8 |
Sicilia |
49,40 |
Media |
Valle d'Aosta |
-0,17 |
Media |
|
9 |
Calabria |
47,62 |
Media |
Lazio |
-0,18 |
Media |
|
10 |
Molise |
47,21 |
Media |
Veneto |
-0,20 |
Media |
|
11 |
Piemonte |
46,14 |
Media |
Basilicata |
-0,22 |
Bassa |
|
12 |
Liguria |
45,77 |
Media |
Emilia-Romagna |
-0,27 |
Bassa |
|
13 |
Campania |
44,92 |
Media |
Lombardia |
-0,30 |
Bassa |
|
14 |
Marche |
44,85 |
Media |
Liguria |
-0,31 |
Bassa |
|
15 |
Umbria |
42,44 |
Media |
Calabria |
-0,31 |
Bassa |
|
16 |
Basilicata |
41,00 |
Media |
Toscana |
-0,33 |
Bassa |
|
17 |
Valle d'Aosta |
40,95 |
Media |
Umbria |
-0,33 |
Bassa |
|
18 |
Abruzzo |
38,84 |
Bassa |
Abruzzo |
-0,38 |
Bassa |
|
19 |
Puglia |
37,36 |
Bassa |
Marche |
-0,39 |
Bassa |
|
20 |
Sardegna |
32,65 |
Bassa |
Puglia |
-0,40 |
Bassa |